Mi chiamo Lucy Barton

Mi chiamo Lucy Barton

” Non so se mi diede un bacio per salutarmi, non ho idea, ma non riesco a immaginare che l’abbia fatto. Non ricordo che mi abbia mai baciata mia madre. Ma potrebbe avermi dato un bacio, invece; può darsi che mi sbagli.”

Nell’ultimo, luminoso romanzo di Elizabeth Strout  si trovano numerose perle simili a questa frase che ho citato. Parole  semplici, che proprio grazie alla loro semplicità sono capaci di trasmettere il dolore lancinante da cui scaturiscono.

Al centro della storia  una madre e una figlia che non si vedono da molti anni; una stanza d’ospedale di Manhattan dove la figlia è ricoverata per una banale appendicite che si complica,  e dove la madre arriva all’improvviso per assisterla dopo aver percorso mille miglia con il primo aereo della sua vita. Per cinque giorni rimarrà seduta accanto al letto di quell’ospedale dalle cui finestre si vede brillare la torre del grattacielo Chrysler, riempiendo il silenzio di racconti, storie, piccoli avvenimenti di un tempo lontano e poco felice.  Cullata dalla voce della madre, come mai era accaduto prima, la donna ritorna ad osservare il proprio passato da una prospettiva nuova, ascoltando  parole che rassicurano come favole, e che sfiorano appena i non detti delle loro vite, che la figlia ripercorre con lo sguardo di una memoria dolorosa e mai condivisa con la madre. Al di là del dolore, le incomprensioni e i silenzi, però, ricordano di amarsi. Si vedranno un’ultima volta nove anni dopo, di nuovo in una stanza d’ospedale dove la madre ricoverata per un tumore aspetta di morire. Poche ore insieme, perché sarà lei stessa questa volta a chiedere alla figlia di andare via.

Mi mancherai, – dissi, ma stavo per mettermi a piangere e sapevo che non lo sopportava, e la sentii dire: – Sì, ti mancherò.

Molti anni più tardi la donna è una scrittrice famosa. Ha scelto la parola al silenzio, perché è così che può raccontare anche quella storia d’amore. Dalla sua insegnante di scrittura ha appreso che “Ciascuno ha soltanto una storia. Scriverete la vostra unica storia in molti modi diversi. Ma tanto ne avete una sola”. E questa è la sua, di Lucy Barton.