Spot criminale per una trasmissione criminale?

Spot criminale per una trasmissione criminale?

Da qualche giorno sta andando in onda uno spot che pubblicizza la puntata del lunedì su Rai3 di “Amore Criminale”, con il viso dolente e la voce della conduttrice Barbara De Rossi che recita le seguenti parole: “…ancora donne uccise da uomini che soccombono davanti al dolore della separazione”. La trasmissione in origine si limitava a raccontare storie di omicidi da parte di uomini nei confronti delle loro donne, in chiave giallo/rosa, poi via via ha cercato di adeguarsi alla crescente ondata di proteste contro il femminicidio e la sua spettacolarizzazione, ma si è trattato di un cambiamento di facciata, visto anche il rifiuto di intervenire modificando il titolo e conservando così un ossimoro pericoloso che lascia intendere che l’amore può essere criminale senza perdere la qualificazione di amore. scarpe rosse

Oggi lo spot interviene a peggiorare la situazione, perché agisce come una sorta di messaggio subliminale attraverso l’uso delle parole. Vediamole: il verbo soccombere, riferito all’uomo che uccide (e non alla donna che viene uccisa!) lascia intendere una lotta, un intimo e pur sempre nobile combattimento; e poi si sa che alla fine i soccombenti smuovono pietà. Il dolore: termine perentorio, il dolore non si giudica, non ha colore né sopporta aggettivi se non quelli che ne indicano la misura (tanto, poco, piccolo, grande). Il dolore c’è e basta. Giustifica tutto. La separazione: anche questo termine preceduto dall’articolo definito rende assoluta la vicenda della separazione. La separazione in quanto tale, comunque motivata, di per sè diventa dolorosa e provoca la soccombenza che a sua volta induce all’omicidio. Semplice e allucinante. Mi chiedo se gli autori dello spot hanno cercato le parole per ottenere questo risultato, o se è bastato pescare nell’armadio degli stereotipi che nascondono altre parole dello stesso genere: raptus, gelosia, impeto incontrollabile. Eppure ce ne sarebbero altre di parole, più pulite e più aderenti alla realtà, che parlano di libertà femminile che non viene tollerata, a cui gli uomini non si rassegnano, di relazioni sane e relazioni malate, di incapacità di accettare una relazione che non sia di possesso.   no

Indigna me e moltissime donne che la Rai non sappia sottrarsi alla perpetuazione di questi stereotipi, e in particolare Rai3. In una materia così delicata non si giochi con l’ambiguità dei messaggi: sono in ballo vite di donne, che domani potrebbero essere uccise. Ben altro ruolo dovrebbe svolgere il servizio pubblico!