merini

Ridevamo come matte.

Può sembrare un’impresa facile scrivere di un libro che racconta di una donna che scrive la storia di una donna che scrive, e così facendo scrive anche la propria storia. Non è un gioco di parole, e non è un’impresa facile, perché leggere ridevamo come matte è un’immersione in acque profonde e avvolgenti, e darne conto scrivendone una recensione è come riemergere dopo aver raccolto sul fondale a piene mani rametti di corallo e cocci di vetro colorati; allinearli sulla riva e poi tuffarsi ancora e ancora, per riportare in superficie nuovi tesori e preziose cianfrusaglie.

Il libro in questione è la biografia di Alda Merini, raccontata da Luisella Vèroli, o meglio: quella che avrebbe dovuto essere la seconda parte della autobiografia, dopo quel reato di vita pubblicato nel 1994, e che avrebbe dovuto intitolarsi reato di vita aggravato e continuato. Ma nel frattempo le cose sono cambiate, Alda Merini ha lasciato la vita terrena il 1 novembre del 2009 e la sua biografa è rimasta orfana. Perché lei non è stata solo la sua biografa ma l’allieva che ha imparato dalla Maestra in cosa consiste quel “reato di vita”, e come si fa ad ascoltare e lasciare agire l’energia trasformativa dentro di sé. E allora Luisella Vèroli deve elaborare il lutto per la perdita della sua “Sirena dei Navigli”, aprire il baule, estrarne appunti e fotografie, poesie e buffi regali, e usare la scrittura per rinsaldare quel legame e nello stesso tempo dichiarare l’accettazione del distacco. Ci riuscirà ascoltando l’insegnamento di Demetra e Core, ma anche quello della vecchia Baubò che sa suscitare la risata e sciogliere il lutto. Se in reato di vita il nome della biografa era nascosto tra le pagine, qui invece l’autrice si dichiara sin dalla copertina: accettando di chiamarsi Vèroli (e non più Veròli), così come la maestra l’aveva ribattezzata restituendole la radice del nome e della sua origine; e usando il plurale, a significare che leggeremo la storia di due donne che, per l’appunto, nel corso della loro ventennale relazione hanno esplorato sé stesse, si sono raccontate e hanno riso come matte sui casi della vita, sulla sua insondabile alchimia, sulla fecondità che scaturisce dal saper trasformare il dolore in parola poetica, ma anche dall’imparare a non prendersi troppo sul serio. Il libro ci guida lungo molti sentieri: nella vita di Alda Merini, attraverso l’infanzia, i suoi tanti amori più o meno reali e l’amore per l’amore; il rapporto con le figlie, la paranoia che porta le voci di quelli che non ci sono più, la malattia, la poesia.

E ci conduce per mano in un andare e venire delle voci delle due donne che si intrecciano e si sovrappongono. La voce della Maestra poeta dilaga e si confonde con quella della allieva scrittrice, i ricordi dell’una si incrociano con quelli dell’altra, le battute ironiche sdrammatizzano le tragedie e le rendono lievi, mostrandoci la poeta che trasforma episodi di vita in letteratura. Nell’ultima parte del libro l’autrice svela le sette prove iniziatiche a cui la relazione con la Maestra l’ha sottoposta, e gli insegnamenti che ne ha ricavato per la propria vita, simboleggiati da altrettanti piccoli doni riemersi dal baule, e raccolti insieme alle bellissime fotografie di Alda Merini in appendice. Esilarante il racconto di come le due donne se ne vanno insieme a diffondere il loro reato di vita appena stampato, con Merini che insegna a Vèroli come sedurre i librai con vaghe promesse di matrimonio, e la esorta a “smetterla di vestirsi da suora se vuole vendere i miei libri”. Sorprendente nelle pagine finali la Nota per i lettori, seguita dalla Nota per le lettrici: in quest’ultima Luisella spiega in successione le tappe della sua personale elaborazione del lutto per la perdita della Maestra e madre simbolica, affinché il distacco sia fecondo, e conclude dicendole: “Cara Alda, ora sono pronta a lasciarti andare nei tuoi giardini” , dandole per la prima volta del tu, mentre in vita le si rivolgeva con il lei, “per rispetto”. Nella Nota per i lettori invece ricorda la passione di Alda Merini per gli uomini, i suoi amori il più delle volte virtuali, “ma che le ispiravano le rime più belle, che le facevano sperare di mettersi in contatto con la loro anima attraverso sospirati peccati della carne.” La sua seduttività risiedeva nella “forza vitale che connette il corpo umano con il divino”, e quindi è senza età e risponde a canoni diversi da quelli dell’erotismo imperante. Una lezione che dovrebbe, conclude Luisella Vèroli, “servire ai maschi a diventare uomini consapevoli delle metamorfosi del femminile e a rispettarne i misteri”.

Leggendaria, n. 92, Luisella Vèroli

Alda Merini/ ridevamo come matte

Editore La Vita Felice, pagine 160 euro 15