Raccontami tu: le ragioni di un titolo

Raccontami tu: le ragioni di un titolo

 

“Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna?” (Karen Blixen).

 “ Come il disegno, che si vede solo all’alba dalla prospettiva di chi guarda dall’alto il terreno senza più calpestarlo, la storia può essere narrata solo dalla prospettiva postuma di chi non partecipa agli eventi” (Adriana Cavarero).

Queste due frasi aprono in esergo il mio romanzo Raccontami tu e sono tratte entrambe dal prezioso volume di Adriana Cavarero Tu che mi guardi, tu che mi racconti.

Quando stavo riflettendo sul titolo che avrei voluto dare al mio romanzo, tra i molti che mi si presentavano, sapevo che stavo cercando non un titolo ad effetto o  alla moda, ma qualcosa capace di racchiudere in poche parole il cuore più profondo della storia. Una storia in cui tre donne entrano in scena, agiscono e reagiscono, ma il motore di questo loro agire è il racconto di sé, l’una con l’altra. Il loro parlare non è un semplice sfogo, o la ricerca di una consolazione che può venire dall’altra che ascolta, cosa che le donne fanno da sempre tra loro. E’ un parlare che svela, anche a sé stesse, il nocciolo duro della propria vicenda, un consegnare all’altra con fiducia la propria storia perché l’altra che la guarda dal di fuori sia capace di vederla meglio e trovarne il senso. Parlando con l’altra il senso della storia si fa più chiaro anche per chi la sta raccontando. E questa comprensione cambia il corso della propria vicenda. Mentre svolgevo questi pensieri mi è tornato in mente il libro di Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, libro che conservo da sempre tra i miei più preziosi, letto e sottolineato, e riletto. Ho capito che era lì la chiave, il cuore della storia, e il titolo è venuto da sé.

Riporto qui un estratto delle prime pagine: Una cicogna come introduzione.

Karen Blixen racconta una storia che le raccontavano da bambina. Un uomo che viveva presso uno stagno, una notte fu svegliato da un gran rumore. Uscì allora nel buio e si diresse verso lo stagno ma, nell’oscurità, correndo in su e in giù, a destra e a manca, guidato solo dal rumore, cadde e inciampò più volte. Finchè trovò una falla sull’argine da cui uscivano acqua e pesci: si mise subito al lavoro per tapparla e, solo quando ebbe finito, se ne tornò a letto. La mattina dopo, affacciandosi alla finestra, vide con sorpresa che le orme dei suoi passi avevano disegnato sul terreno la figura di una cicogna.

“Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna?”, si chiede a questo punto Karen Blixen. Noi potremmo aggiungere: il percorso di ogni vita si lascia alla fine guardare come un disegno che ha senso?

Con tutta evidenza non si tratta di un disegno previsto, progettato, controllato. Anzi, il pover’uomo richiamato da una circostanza esterna corre nel buio e inciampa, lavora duro e, solo quando il disastro è rimediato, se ne torna a casa. Non perde mai di vista il suo proposito, non abbandona mai lo scopo della corsa, anzi, lo porta a compimento. Il suo percorso mescola l’intenzione agli accidenti. Pur vessati da tante tribolazioni e tanti ostacoli, i suoi passi tuttavia si lasciano dietro un disegno o, meglio, dal suo percorso risulta un disegno che ha l’unità di una figura.

Il significato del racconto sta infatti proprio in questo semplice risultare che non consegue ad alcun progetto, e nell’unità figurale del disegno. Detto altrimenti, il disegno non è quello che guida fin dall’inizio il percorso di una vita, bensì ciò che tale vita si lascia dietro, senza poterlo mai prevedere e neanche immaginare.  La cicogna si vede solo alla fine, quando chi l’ha tracciata con la sua vita, o altri spettatori, guardando dall’alto, vedono le orme lasciate sul terreno. (…) Il disegno che ogni essere umano si lascia dietro altro non è che la storia della sua vita.  

“Tutti i dolori sono sopportabili se li si inserisce in una storia o si racconta una storia su di essi”, scrive Karen Blixen; e Hanna Arendt commenta: “la storia rivela il significato di ciò che altrimenti rimarrebbe una sequenza intollerabile di eventi”.

La cicogna, ovvero il disegno, è il significato che salva la vita di ognuno dal mero succedersi degli eventi, e consiste nel lasciarsi dietro una figura, ossia qualcosa di cui si possa scorgerne l’unità del disegno nel raccontarne la storia. Come il disegno, la storia viene appunto dopo gli avvenimenti e le azioni, , da essi risulta. 

E come il disegno della cicogna è visibile solo al mattino, lontano dalla tempesta che lo ha generato, il racconto di ciò che accade all’interno di una vita spesso è più chiaro  all’altra che lo ascolta. E sua volta può raccontarlo, renderlo dicibile.