Olive, ancora lei

Olive, ancora lei

Ve la ricordate Olive Kitteridge, vero? Se l’avete amata non l’avete di certo dimenticata, con quel suo fare burbero, il corpo ingombrante, sia quando la scena narrativa era interamente sua sia quando la condivideva con uno dei tanti abitanti della cittadina di Crosby nel Maine. Elizabeth Strout l’aveva inventata dieci anni fa nel romanzo che ha il suo nome come titolo, e oggi l’ha fatta tornare in una nuova storia composta anche questa di tante piccole storie: Olive, ancora lei. La ritroviamo lì, dove l’abbiamo lasciata; ha sempre lo stesso sguardo burbero sul mondo, i suoi modi spicci da professoressa di matematica in pensione che spesso la rendono antipatica ai suoi concittadini; eppure qualcosa è cambiato, qualcosa di impercettibile: le solida certezze a cui ci aveva abituati non appaiono più così solide, e basta poco, la luce del cielo di febbraio, poche parole pronunciate da altri che le aprono all’improvviso orizzonti a cui non aveva mai guardato. Anche se non c’è più tempo per rimediare, il tempo è quasi scaduto, a ottant’anni non c’è più molto che si possa fare per dare un corso diverso alla propria vita.

“Il suo fallimento era smisurato. Dovevano essere anni che falliva senza nemmeno saperlo. Lei non aveva una famiglia come tutti gli altri.(…) Erano spiragli sul buio di una relazione che capitava di vedere per sbaglio, come se il vento avesse di colpo spalancato la porta di una stalla buia mostrando cose che non bisognava vedere…”

“Tirò fuori il foglio e lo appoggiò con cura in cima alla pila dei suoi ricordi; le parole appena scritte le riecheggiavano in testa. Non ho la minima idea di chi sono stata. Dico sul serio, non ci capisco niente.”

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Ecco. C’è una diversa luce, più malinconica e quietamente rassegnata, in questi racconti che compongono la trama del romanzo. Perché di romanzo si tratta, una narrazione in cui tutti i fili alla fine si saldano, e i conti tornano, con implacabile verità. Ma Olive resta salda, c’è ancora il tempo per vivere un nuovo e imprevisto maturo amore, per capire, per inventarsi un nuovo scampolo di vita, per avere un’amica. Per guardare il cielo. “Ma ecco cosa successe dopo…Ecco la cosa che, per il resto della vita, Cindy non avrebbe mai dimenticato: Olive Kitteridge disse: – Dio, eppure mi è sempre piaciuta la luce, a febbraio -. Scosse piano la testa, e ripeté con lo stupore nella voce: – Mio Dio, ma guarda cos’è la luce, a febbraio.”