Memoria e racconti

Memoria e racconti

Si sono da poco conclusi i due laboratori di scrittura autobiografica che ho ideato e tenuto in due Centri anziani di Roma dell’VIII Municipio, nei quartieri di Tor Marancia e Ostiense,  nell’ambito del Progetto “La Bella età: Pratiche, scritture saperi, attraverso le generazioni”, realizzato dall’Associazione Crasform, patrocinato dal Municipio Roma VIII e  finanziato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito dei Premi per iniziative di promozione dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni Anno 2012.

Una bellissima esperienza, vissuta con una trentina di “allievi” la cui età oscillava tra i 65 e gli 85 anni, e che sarà raccontata in due pubblicazioni che presenteremo nei diverso Municipi di Roma. Qui di seguito alcune riflessioni.

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Il primo ostacolo da superare per chi organizza e conduce un laboratorio di scrittura autobiografica si materializza nel primo incontro, in cui si devono convincere i partecipanti che la storia di ognuno è importante, e che merita di essere raccontata. Loro in fondo lo sanno, altrimenti non si sarebbero iscritti, e non sarebbero qui seduti ai tavolini disposti uno accanto all’altro, con il foglio bianco aperto davanti, in attesa. Ma non ne sono ancora sicuri, e di questa sicurezza si impadroniranno a poco a poco, con sempre maggior decisione, nel corso degli incontri successivi. Alcuni di loro, forse, qualche volta hanno provato a raccontarsi, soprattutto in famiglia, ma dopo qualche tentativo hanno lasciato perdere scoraggiati dalla disattenzione, dal vivere quotidiano con i suoi ritmi obbligati e la fretta di mantenerli, e si sono forse convinti che quelle vecchie storie ormai non interessano più nessuno. Non era così una volta, quando gli anziani vivevano in famiglia, e non c’erano televisione né tanto meno internet a raccontare il mondo, quando le parole di genitori e nonni mettevano in scena non soltanto la loro storia privata ma anche quella collettiva di più generazioni.

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Poi bisogna aiutarli a superare la ritrosia di chi non pratica la scrittura da moltissimi anni, e non si sente all’altezza del compito: per molti si tratta di rinverdire una pratica persa da decenni, per altri si tratta di tornare indietro fino ai tempi della scuola. Una volta superati questi due ostacoli, e devo dire che in questi due laboratori è accaduto in fretta, inizia a materializzarsi il miracolo della memoria e del racconto: la memoria che, sollecitata dai temi assegnati, si mette al lavoro e ripesca dal fondo episodi, volti, emozioni dimenticate, che aspettavano solo l’occasione per tornare a galla e parlare; e il racconto, che diventando parola scritta acquista un’esattezza e una profondità che lo illuminano di una nuova luce. E via via si dipana la propria storia personale, con le tappe più salienti, che si intreccia con quella collettiva disegnando l’affresco di un quartiere, di una città, dell’intero Paese.

 Il metodo di lavoro è importante: nel laboratorio si riflette sul tema assegnato, si scrive e si legge ad alta voce quello che si è scritto e ci si confronta in gruppo su quanto si è ascoltato dagli altri. Si mette così in moto una circolarità di esperienze e di riflessioni che spesso danno vita a nuove storie, come accade quando magari si pensava di non avere niente di interessante da raccontare e poi invece, ascoltando le storie degli altri, ecco che si presenta alla memoria anche la propria storia. E questo è il valore aggiunto del lavorare con la parola scritta e in gruppo.

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Ma nel corso delle sedute del laboratorio è accaduto molto altro, come lo stupore nel riscoprire episodi della propria vita che si credevano dimenticati, l’emozione che spesso incrinava la voce e impediva di proseguire con la lettura, il divertimento e le risate, lo scambio di esperienze, e persino le ricette di cucina elargite al momento opportuno. E infine la sensazione di vitalità, che sprigionava dai partecipanti, anche nei momenti della commozione e dei ricordi dolorosi, a riprova che il lavoro della memoria non è un’operazione di nostalgia, ma una messa in circolo di energia, perché mette in comunicazione il soggetto con la propria interiorità. Non è un caso che ormai anche in medicina si parli di “cura del racconto”, perché tutti noi, in fondo, abbiamo bisogno di raccontarci, e ce lo dicono le centinaia di ragazzi che scrivono le proprie emozioni (che altro non sono che delle microstorie) sui muri delle nostre città. Per questo mi piace ripetere che esiste un vero e proprio diritto alla memoria: di chi la esercita e di chi può ricevere i suoi frutti come un dono. I miei allievi non si sono risparmiati, sono stati generosi di storie e di emozioni, e alcuni di loro hanno anche imparato a scrivere brevi racconti, o a organizzare raccolte di ricordi da consegnare a figli e nipioti.

scrivere memorie