Laudomia Bonanni, Signora della scrittura

Laudomia Bonanni, Signora della scrittura

Le signore della scrittura. Interviste.

Laudomia Bonanni. La vita solitaria

 

Curato da Sandra Petrignani  e pubblicato dalla casa editrice La Tartaruga nel 1984, il libro raccoglie dieci interviste ad altrettante “Signore della scrittura” . Quella a Laudomia Bonanni è stata realizzata nella sua casa romana nell’autunno del 1983. La scrittrice ha settantasei anni, e l’anno precedente ha dato alle stampe per Bompiani quello che sarà il suo ultimo libro pubblicato, le Droghe. Il successivo La Rappresaglia verrà più volte rifiutato dall’editore e sarà pubblicato solo nel 2003 dalla casa editrice aquilana Textus. Bonanni era scomparsa da un anno.

Il dialogo tra la scrittrice e la sua intervistatrice sfiora gli anni della formazione, il suo ingresso sulla scena letteraria, la delusione nei confronti di un mondo a cui si è sempre sentita sostanzialmente estranea. Ma lascia trasparire una ferma consapevolezza del proprio valore. Ne riporto alcuni stralci.

 

Un ritratto della scrittrice da piccola…

Della mia infanzia ricordo solo che volevo leggere continuamente. Ancora non andavo a scuola e già avevo imparato a leggere. Forse me l’aveva insegnato mia madre, non ricordo. Era maestra, dunque è probabile. Però ho l’impressione di aver fatto tutto da sola. Anche a tavola mi portavo un libro e lo leggevo di nascosto, mangiando, tenendolo sulle gambe. (….) Compravo i libri di D’Annunzio appena uscivano. Ero solo una ragazzina, non ne capivo gran che, ma andavo avanti. (…) Riconosco che c’è qualcosa di misterioso anche per me stessa nel mio passato, qualcosa di dimenticato. Tutto quello che sono capace di ricordare è questa fame di libri. A diciotto anni avevo già un quadro completo della letteratura di tutto il mondo e non mi importava di nient’altro.

 

Nemmeno di avere un fidanzato le importava?

Questo meno del resto.

 

Ma scriveva? Aveva la consapevolezza di essere una scrittrice, si preparava alla sua arte futura con una serie di esercizi, come Virginia Woolf ?

Scrivevo, sì, e tenevo nel cassetto. Mi sembrava naturale fare così. Non ero molto consapevole di me. Mia madre lo era, invece, credeva in ciò che scrivevo più di me stessa…Fu di botto, poi, che mi trovai in mezzo ai miti della letteratura italiana degli anni ’40 e ’50 (…). Festeggiavano me, me li trovai tutti intorno. Ma non mi stupii più di tanto; anche questo mi sembrò naturale.

(…) Oggi, quando vado per partecipare alle votazioni dello Strega, non mi trovo più a mio agio. C’è una gran confusione, non si fa letteratura, ma un servizio editoriale, un gioco di squadre. (…) Ho preso i premi quando aveva ancora senso riceverli.

 

Il suo romanzo più famoso è L’Adultera del ’64 (Premio Selezione Campiello, varie traduzioni all’estero); pensa che sia anche il suo miglior libro?

No, come accade sempre, i libri che hanno più successo non sono i migliori. E’ un romanzo più facile degli altri. Penso invece che il più importante, il più costruito sia L’Imputata, che vinse il Viareggio nel ’60. Però quello a cui mi sento più vicina è l’ultimo, Le Droghe, in cui ho raggiunto una prosa di una leggerezza e di una trasparenza che mi hanno resa molto soddisfatta. Purtroppo è stato un libro sfortunato. (…)

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E l’amore? Che posto ha avuto nella sua vita?

Modesto. Mi sono salvata dalle spire della famiglia, del matrimonio, nonostante la mia educazione borghese. Gli uomini che conoscevo in provincia non mi piacevano mai del tutto, mi sembravano inferiori a me. Forse, fossi vissuta a Roma, fra gli intellettuali, sarei rimasta affascinata da qualcuno. Ma a Roma mi sono trasferita solo quindici anni fa. Troppo tardi. La letteratura si è presa tutto, è rimasto poco per il resto. Però non mi dispiace, anche se in cambio non ho avuto molto. Forse ho un solo rimpianto: quello di non aver voluto un figlio.

L’età l’ha resa diversa da quello che era?

No, per niente. Ero una tranquilla persona di provincia. Mi piaceva scrivere e basta. Oggi scrivo e basta. Sono rimasta una solitaria; troppo solitaria.

 

In premessa all’intervista e a completare il ritratto Sandra Petrignani evidenzia che conoscerla è una vera impresa. I suoi libri sono introvabili, nemmeno lei ne possiede qualche copia da regalare o da prestare. E ad aggravare la situazione si aggiunge la sua personalità schiva e di poche parole, che riempie l’espressione di sorrisi e di gesti lasciando spesso a bocca asciutta il registratore. Dice di essere rimasta molto delusa dopo l’uscita del suo ultimo romanzo, Le droghe: “ Ho sofferto della completa indifferenza con cui è stato accolto, della noncuranza del mondo letterario verso il prodotto di una scrittrice il cui valore è stato riconosciuto. Lei vede quali libri e libercoli ottengono recensioni, vanno ai premi . (…) Avrei preferito una stroncatura, piuttosto…”