In viaggio con Adele

In viaggio con Adele

 

 

Tra il 2008 e il 2009 Adele e io abbiamo viaggiato molto, un po’ in tutta l’Italia.

Alcune presentazioni si sono tenute in libreria, altre organizzate da associazioni o gruppi di donne si sono tenute in spazi pubblici. Abbiamo trovato ovunque una grande voglia di discutere e di riconoscersi in questa “anti eroina”, come è stata definita, o “umile eroina del quotidiano” , da parte di donne molto diverse tra loro, accomunate dal piacere di leggere la storia di una donna che ce la fa a venire fuori da una situazione difficile, contando sulle proprie forze e sul positivo che ognuna di noi porta dentro di sè, poco o molto che sia. Ogni volta la discussione è stata diversa, ogni volta sono stati colti spunti e aspetti diversi della storia di Adele e delle sue “complici” e sostenitrici, Irina e Clelia, e la cana Bella. Ma gli uomini non sono stati del tutto assenti: qualcuno ascoltava sollevato, scoprendo di potersi sentire diverso da Antonio; qualcuno, i più giovani soprattutto, hanno fatto notare che sono proprio gli uomini a dover leggere la storia di Adele, per imparare cosa passa nella testa delle donne. Ecco in pillole la cronaca di questi mesi, tralasciando quattro presentazioni che si sono svolte a Pescara tra marzo e maggio nelle librerie Feltrinelli, Edison, IperCoop, Ecoteca/Libreria Moroni. Lì abbiamo giocato in casa.

A Roma, il 7 maggio, siamo nella Libreria Feltrinelli di Viale Libia. E’ una giornata di pioggia, e a Roma si sa che quando piove il traffico va in tilt. Le persone arrivano a rilento, ma alla fine sono più di 30. Mi presentano Nadia Tarantini e Bia Sarasini. Nadia inizia paragonando la figura di Adele a quella di sua nonna, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte: una donna forte, autonoma, ironica. E dice che tutti i miei personaggi femminili sono colti in un momento della loro vita di apparente calma piatta, quando sembra che non succeda niente e invece tutto inizia a cambiare. Bia Sarasini coglie i sapori del romanzo: il dolce, l’amaro, l’acido, che sono i diversi sapori del cibo, tema centrale che attraversa tutto il libro. “Adele sconfigge il pensiero negativo che non ci sia più niente di buono nella propria vita, e che il cambiamento e la libertà siano prerogative esclusive di “donne eroiche”. C’è un sapore di presente, abitato da donne che possono farcela, se decidono di mettersi in gioco”, conclude. Quando si apre il dibattito molti interventi: una donna dice di aver visto Adele come una donna d’altri tempi, ma subito si leva un coro di voci dalle ragazze presenti, e questo mi fa capire che nella storia di Adele, nella sua voglia di farcela, si possono riconoscere anche ragazze che potrebbero essere mie figlie. Una di loro qualche giorno dopo mi scriverà una email per ringraziarmi “per l’idea intelligente di una vendetta costruttiva, e per l’atmosfera di speranza che si respira e che investirà tutte le donne che leggeranno”. Accadrà anche in altri luoghi, che ragazze giovani si esprimano così.

A Lanciano, 16 maggio, l’incontro è stato organizzato nel Centro Servizi culturali dall’associazione di donne I colori dell’iride. Mi presentano, con grande dovizia di particolari e lettura di brani del libro, la presidente, Patrizia Di Rocco e la mia amica giornalista Maria Rosaria La Morgia. La sala è piena. Si insiste molto sulla grande capacità di cambiamento che hanno le donne, che sanno trovare dentro di sè le risorse per farlo. Piace molto, a loro che sono un’associazione femminile, che nel romanzo si parli dell’associazione Wanda come di un luogo che aiuterà Adele nel suo percorso di crescita e cambiamento. Mi colpisce il riferimento all’importanza degli oggetti, non me ne ero resa conto. Ma è risaputo che spesso i lettori scoprono nei libri cose che gli scrittori non sapevano di averci messo, e che il libro una volta scritto appartiene a loro. Al termine della presentazione andiamo a prendere un aperitivo in un bar del centro, affollato. Siamo una ventina di donne e facciamo molto rumore. A un tavolo vicino un ragazzotto ci chiede (povero inerme e ingenuo) chi siamo e se siamo “sole”. Dopo un attimo di perplessità da parte nostra scoppiano risate e battute nei confronti del malcapitato. Ma è così: essere senza uomini nell’immaginario diffuso significa essere “sole”, anche se siamo venti e dall’aria per niente solitaria. I lazzi dilagano oltre misura quando una di noi, accennando al vassoio degli stuzzichini, chiede a un’amica: scusa cara, mi infilzi quel pezzo di salame? Non sono stata io, giuro.

Il 18 maggio sono a Busto Arsizio, invitata a partecipare a un piccolo ma ben nutrito Festival Letteratura. L’organizzatrice infaticabile è la libraia Francesca , mi presenta la professoressa Marisa Ferrario. La sala della bibilioteca comunale è piena di donne, e vengo a sapere che presso la libreria nel mese di marzo è stato organizzato un gruppo di lettura a cui si sono iscritte ben 32 donne, per leggere il mio libro. L’attenzione si incentra sul tema del cambiamento, sulle metafore dello sguardo e del viaggio, sul mondo solidale delle donne. Molte sottolineano che se anche una donna “qualunque” come Adele ce la fa, allora vuol dire che si può. Mi dicono che si capisce che il mio sguardo è tenero nei confronti di Adele. Ci salutiamo dopo due ore di discussione animata.

La settimana seguente sono in Sicilia, a Enna. E’ il 23 maggio, mi hanno invitata a partecipare a un ciclo di iniziative culturali organizzate dal Comune, dal titolo Kori Kori (in omaggio alla Kore e Demetra del mito, le cui tracce si ritrovano ovunque). Anche la ragazza che mi accompagna a visitare gli scavi di Morgantina e i templi dedicati alle due divinità ha il profilo identico a quello scolpito nelle stauette della fanciulla Kore, che il mito vuole sia stata rapita proprio a pochi chilometri da qui, sulle sponde del Lago di Pergusa. Le iniziative culturali sono organizzate da una donna infaticabile, Cettina, in una struttura molto bella, la Casa di Giufà, che accoglie biblioteca, centro culturale, spazio bambini, laboratori teatrali. Ancora una volta la conferma di come l’Italia sia piena di donne infaticabili che lavorano per renderla migliore e più abitabile. Se solo avessero più potere!…Mi presenta Francesca, una archeologa che ha lavorato agli scavi di Morgantina e ora sta riportando alla luce il grande santuario di Demetra e Kore; è una lettrice appassionata di scrittrici, e mi colpisce la grande conoscenza che ha delle scritture femminili. Le cose che dice di Adele, i paragoni che traccia tra la mia scrittura e molte “grandi” mi commuove e mi imbarazza un po’. La soluzione arriverà per Adele, dice, attraverso la scoperta dei propri talenti e risorse, come accade alle migliori eroine di tutti i tempi, perchè “non c’è nessuno che può dire di noi meglio di noi stesse” (come scrive Virginia Woolf). Ma la “vendetta con parsimonia” sarà agita anche grazie alla paura del nemico che agita il marito, come nel più classico dei contrappassi. Secondo Francesca (non dimentichiamo che è una archeologa) il personaggio di Clelia ricorda quello di una profetessa, colei che non dà consigli ma aiuta a trovare le soluzioni indicando il percorso da seguire…

Il 29 maggio sono a Milano, Libreria Mondadori di Piazza Duomo, nella splendida sala dibattiti che si affaccia dal terzo piano sulla piazza. Alle spalle del tavolo campeggia una gigantografia luminosa della copertina del libro. Prima dell’inizio si avvicina una signora bionda attirata lì , mi dice, dalla locandina con il mio nome; ci riconosciamo, frequentavamo lo stesso liceo a Ventimiglia, 40 anni fa! In mezzo a un pubblico attento incrocio lo sguardo di visi conosciuti, amiche recenti e antichi amori… Circolano molte emozioni, immagini di ieri e di altri luoghi che si sovrappongono a quelle di qui e ora…. Mi presentano Ida Farè e Bruna Miorelli, due nomi autorevoli del femminismo milanese. Introduce la mia editrice, Maria Giulia Castagnone. Ida Farè dice in apertura che la storia di Adele è una risposta alla solita domanda “che fine ha fatto la coscienza femminile”, sottolineando che se è vero che il femminismo non ha guarito i problemi della relazione tra i sessi ha però dato alle donne strumenti per capire. Tutto il romanzo, conclude, è attraversato dal percorso di Adele, che passa attraverso la relazione con altre donne. Bruna Miorelli dice che il romanzo si discosta molto dalle tante voci che in narrativa hanno rappresentato sconfitte e lacerazioni femminili; la storia di Adele racconta solitudine e libertà femminile, dolori laceranti e solidarietà tra donne, con un finale strepitoso (variante in positivo di Thelma e Louise…) Altro elemento inedito è rappresentato dall’essere Adele una donna qualunque e, dice ancora Miorelli, dall’aver affrontato con leggerezza cose tremende e argomenti politici scottanti. Quando è il mio turno parlo molto, come sempre nelle presentazioni, senza seguire uno schema ma sull’onda delle emozioni suscitate dalle presentazioni e dal dibattito. Così ogni volta non ricordo mai cosa ho detto, e ogni volta è una cosa nuova. Dimenticavo: un ascoltatore chiede la parola e mi domanda come si conciliano le emozioni di Adele con il suo appartenere all’onda lunga del femminismo! Che sarebbe come dire: ma le femministe non erano quelle cattive e senza sentimenti?

E’ il 31 maggio e sono a Sanremo, città in cui ho frequentato il Liceo dal ‘67 al ‘69 e in cui sono nata alla vita collettiva con il movimento studentesco. Da allora la città è cambiata, ma non moltissimo, e per me è ancora una grande emozione ripercorrere quelle strade. Mi ospita una bella libreria Mondadori in Via Roma. La libraia ci tiene a dire di aver cercato le ultime copie di Adele in tutte le librerie della Liguria, e che non è consueto che una prima edizione vada esaurita così in fretta e che una ristampa avvenga a tempi di record. Poi mi presenta Raffaella Rognoni, Consigliera di parità della provincia e esperta di coaching. Non a caso mette in evidenza il ruolo che svolge Clelia nella storia di Adele, da vera coach, dice: infatti pone domande ma non dà le risposte, che verranno invece trovate da Adele! Giusto, non ci avevo pensato. Il bello di queste presentazioni è che si tocca con mano ogni volta come “ogni lettore ricava dal libro che legge nient’altro che il suo libro” (lo scrive Elena Ferrante). Clelia come allenatrice di anime, mi piace. Raffaella conclude dicendo che adotterà Adele nel suo lavoro di formazione, è un romanzo perfetto per sostenere un percorso di scoperta di sè, per aiutare ad andare dove si vuole andare.

Da Sanremo a Ventimiglia sono 16 chilometri, vado a casa. Seguo l’Aurelia, la stessa strada che percorrevo tutte le mattine per andare e tornare da Ventimiglia a Sanremo, quando frequentavo il Liceo Classico Cassini. Qualche volta in autobus, qualche altra in macchina; a volte al ritorno sul sellino di una Vespa…Ancora profumo di gioventù e di ricordi….

E’ il 5 giugno, sono a L’Aquila nella bella sala del Palazzetto dei Nobili, centro storico. Ci sono ad aspettarmi molte donne il cui percorso si è incrociato con il mio nel corso degli anni dell’ impegno nella politica di genere. Mi presentano Loretta Del Papa e Maria Rosaria La Morgia, due donne con le quali ho condiviso e condivido ancora molte cose importanti. E molte cose importanti vengono subito buttate nel piatto, sia in relazione ai contenuti del romanzo che della forma: il femminismo diffuso, la valorizzazione di sè, il percorso verso la consapevolezza; e poi l’importanza del cibo (presente non solo in questo romanzo, ma anche nei miei precedenti lavori, qui però è una presenza strategica), l’importanza degli oggetti (la lavatrice, la lavastoviglie, il trolley), e la funzione della televisione come alter ego della protagonista e specchio. A quest’ultima considerazione rispondo dicendo che ho introdotto l’espediente della televisione, con cui Adele dialoga immaginando di trovarsi dentro un talk show , per darle la possibilità di guardarsi dal di fuori, per non lasciarla sempre sola ad arrovellarsi nei pensieri. Anche la cana Bella l’ho inventata a questo scopo, per accompagnarla. Come ho scelto il nome di Adele, mi chiedono?  Rispondo che si è chiamata così sin dal primo momento che mi si è affacciata alla mente, vedendola dentro la sua cucina. Adele, un nome inconsueto. Conosco solo un paio di donne che si chiamano così, ma non l’ho scelto pensando a loro. Non lo faccio mai con i nomi dei miei personaggi; ad attirarmi verso un nome piuttosto che un altro è il suo suono, il colore, e come si adatta al corpo che sto immaginando, ma soprattutto ai gesti che compie.

Il giorno dopo sono a Penne, cittadina sulle colline della zona Vestina in provincia di Pescara. La sala del Centro servizi culturali è affollata da quasi 60 persone e io arrivo con mezz’ora di ritardo perchè ho preso la strada sbagliata. Il direttore del Centro, Oriano, ha già iniziato a parlare del libro, così, per intrattenere il pubblico, e quando arrivo sento che sta dicendo cose molto interessanti e appropriate. Mi presentano Tecla Rosa, donna organizzatrice di movimenti femminili con un passato ( e spero anche un futuro) di amministratrice, e Paolo Fornarola, assessore provinciale alla cultura. Tecla parla della mia capacità di dare voce alle vicende delle donne, dell’affetto per loro che traspare, del desiderio legittimo di felicità; della vendetta di ironia e non di coltello, della rielaborazione del dolore e dell’importanza della solidarietà tra donne. Paolo si assume il difficile compito di spezzare una lancia a favore degli uomini che, dice, escono malconci dalla vicenda. E lo fa con grande ironia e intelligenza, tra le risate di tutte/i. Non mi è capitato spesso. E’ molto importante non prendersi troppo sul serio, sorridere di sè stessi; forse le donne sanno farlo meglio degli uomini, hanno dovuto imparare per forza. Poi però introduce anche punti di vista inediti, sempre con tono scherzoso, come quando dice che quella che noi definiamo solidarietà tra donne a lui sembra complicità (anche a scopi illeciti!). E’ così che ci vedono gli uomini ? Da riflettere. Molto vivace anche il dibattito: mi sembra interessante la notazione sulla debolezza di Adele, che quando diventa oggetto di narrazione inizia il proprio percorso di ricostruzione proprio a partire da quella debolezza che diventa costruttiva. Si sottolinea anche come non ci sia una divisione manichea del mondo (il femminile buono e il maschile cattivo): se pure secondari, ci sono personaggi maschili positivi e almeno uno femminile discutibile, come Marisa la parrucchiera. A conclusione gustiamo un ottimo aperitivo preparato da alcune donne e servito con spiedini di frutta fresca e dolcetti locali. Fatichiamo a salutarci, è sempre così alla fine di ogni presentazione, dopo aver firmato copie e stretto mani.

Il 18 giugno sono a Bussi; è un piccolo paese sulle rive del fiume Tirino, un tempo ricco di gamberi, rossi come il cuore operaio della vecchia Montedison oggi in via di smantellamento. Quando ero una giovane dirigente politica venivo qui spesso a tenere riunioni con le donne della locale sezione del PCI. Tempi lontanissimi, ma che molti ricordano ancora, e sono contenti di riconoscermi. Anch’io. Mi ha invitata una associazione culturale che si chiama “Punto e a capo”, è la loro prima iniziativa pubblica. Mi presentano il Presidente della Provincia, Pino De Dominicis (questo è il suo paese), insieme al Presidente dell’associazione, Alfredo, e a Roberta Pellegrino, che dirige il Centro antiviolenza di Pescara. Pino, dopo aver detto cose molto gentili e affettuose nei miei confronti , mette in evidenza gli scenari inquietanti della quotidianità che si svelano nel romanzo. Alfredo si (e mi) chiede come mai il percorso di libertà di Adele si snoda attraverso un dialogo con altre donne escludendo gli uomini. Roberta invece mette in evidenza come il percorso di Adele sia di libertà di e non da. Lei infatti non prende le distanze da un matrimonio e da un uomo, ma si riprende la propria vita aspirando a una felicità che non appartiene a orizzonti da raggiungere ma nasce dalla consapevolezza di sè. Il romanzo, dice, racconta un percorso di vita femminile tutto intero, dall’adolescenza alla maturità, e per questo così tante donne ci si possono riconoscere. Poi parla del tema dell’acqua e del suo scorrere (Adele che lava i piatti all’inizio del romanzo è molto diversa da quella ripresa verso l’epilogo). Molti interventi nel dibattito, e all’obiezione reiterata sulla cattiva immagine degli uomini, Roberta replica ricordando che la scrittrice invece “salva” i ragazzi più giovani, proprio all’inizio del romanzo, quelli che (pagina 11) non osano esprimere giudizi sulla vicenda di Adele ma forse sono anche un po’ ammirati da quella inedita capacità di trasgressione. Una chiave di lettura che mi piace. Succede che gli scrittori vengano colti di sorpresa da interpretazioni che vengono dai lettori, a cui non avevano pensato. E’ bello quando accade, vuol dire che il libro fa quello che deve fare, camminare per il mondo con le proprie gambe! Alla fine andiamo a mangiare la pasta con i gamberi, cucinata secondo una antica ricetta recuperata dai ricordi delle donne più anziane del paese: prevede la ricotta di gambero (una poltiglia che si ottiene pestando i gamberi e filtrando il passato fino ad ottenere una crema). La cuoca esce dalla cucina per salutarmi: anche lei partecipava a quelle lontane riunioni e ci tiene a dirmi che ha appena finito di leggere Adele!

Il giorno dopo, il 19 giugno, sono a Novara. La presentazione è organizzata dalle Consigliere di parità Margherita Patti e Eva Boglio, in una bella libreria del centro storico. La sala si riempie subito: come sempre sono quasi tutte donne, ma c’è anche qualche uomo. Molte domande, a partire dalle due amiche che mi presentano, e riprese dal pubblico: ma per cambiare la propria vita occorre essere sole? Mi tornano in mente i versi bellissimi di Ingeborg Bachmann, nella poesia “Spiegami, amore”; ma Adele non sceglie la solitudine, rispondo, tutt’altro. Considerazioni molto interessanti sulla politica, quella “improvvisata” dal negativo Antonio marito di Adele, e che lei contrasta solo sulla base del buon senso femminile. E anche sul confronto tra identità diverse raccontato nel rapporto tra Adele e Irina. Margherita sottolinea, leggendo dei brani, la straordinarietà del percorso di Adele, che all’inizio sembra avere orizzonti così limitati eppure sa percorrere così tanta strada! E ancora molte domande su come ho costruito il romanzo, e ancora sugli uomini, quelli del romanzo e quelli della vita vera, della nostra quotidianità: ma il rapporto con loro è così senza speranza? mi chiedono. Io non penso che sia senza speranza, anche se dobbiamo saper guardare la realtà per come è davvero e non per come ci piacerebbe che fosse, e sarebbe bello che a cimentarsi su questi terreni fossero anche scrittori e non solo scrittrici, invece sono così pochi. . Però il compito dei romanzi non è quello di dare risposte “sociologiche”, e cito in conclusione una bella frase di Sandra Cisneros: Scrivere è fare domande. Non importa se le risposte sono vere o “puro cuento”. Alla fine solo la storia viene ricordata e la verità svanisce come l’inchiostro blu pallido su un disegno per ricamo a buon mercato.

Riparto per Milano in un tramonto ancora pieno di luce: dopo domani è il primo giorno d’estate, il giorno più lungo dell’anno, il mio compleanno. Non posso non ricordare ogni volta che da bambina (ma anche dopo) uno dei motivi che più mi riempiva d’orgoglio era proprio l’essere nata in un giorno così importante, oltre alla bellezza del nome che mi aveva dato mia madre: maristella, stella maris, stella del mare. Un orgoglio misurato ma profondo. E gratitudine.

Il 27 luglio torno il Liguria, proprio nella mia città, Ventimiglia. E’ un momento molto particolare: un mese fa mia mamma, che viveva ancora lì, ci ha lasciati per sempre e quasi all’improvviso. Sono stata molto incerta se confermare la mia partecipazione a questo evento che rientra nella manifestazione estiva “Libri sotto le stelle”, poi ho pensato che non sarebbe stato corretto far saltare la programmazione, e sono andata. L’incontro si è svolto la sera, sotto il gazebo dei giardini pubblici. Ho sempre pensato che quei giardini sono una delle cose più belle di Ventimiglia, con tante palme altissime che svettano sopra le case e i pini rigogliosi, proprio sul lungomare. Li ho sempre amati molto fin dall’infanzia, anzi, posso dire di esserci cresciuta dentro i giardini. Mia madre mi ha sempre raccontato che l’estate in cui sono nata faceva molto caldo e io riuscivo ad addormentarmi solo al fresco degli alberi. E poi giochi di ogni genere nei pomeriggi: quelli a squadre con la palla, palla prigioniera o palla avvelenata, e guardie e ladri, e nascondino. Ma anche la cucina, con pentolini portati da casa. Noi abitavamo vicino, e io prendevo per mano le mie sorelline e mio fratello e andavamo ai giardini a giocare. Più grande, restavo seduta sulle panchine a fantasticare e inventare storie…Ma torniamo alla sera della presentazione, organizzata da Diego Marangon, titolare della storica Liberia Casella. C’è stato un grande passaparola, perchè ad aspettarmi ci sono vecchi compagni e compagne di scuola, amiche e amici. E’ come rivedere un vecchio film, fotogrammi dall’asilo alla giovinezza. Davvero una grande emozione. Di solito durante le presentazioni prendo appunti su un quaderno dalla copertina nera, ma quella sera non ho scritto nemmeno una riga. Ricordo solo che iniziando a parlare ho ricordato e parlato di mia madre, della sua attenzione a che non mi mancassero mai i libri oltre alle cose indispensabili per vivere. E poi ricordo i visi e i sorrisi: Rosanna, Renata, Gabriella, Graziella, Nadia, Adriano, Roberto, Oreste, Cochi, e chissà quanti altri che sto dimenticando di citare. Ognuno di loro è un pezzetto della mia vita, storie che potrei raccontare…Una giovane ragazza alla fine del dibattito mi chiede quali sono i libri che avrei voluto scrivere, e io parlo dei racconti di Anna Banti, di Medea di Christa Wolf, di Margaret Atwood e il suo “Racconto dell’ancella”, e di Francesco Biamonti, che ha saputo raccontare quest’angolo di Liguria di ponente con una bravura che mi ha sempre incantata, e che ho rimpianto di non possedere.

In agosto ci sono state le presentazioni nelle manifestazioni estive, a cominciare da Francavilla a Mare, provincia di Chieti, il 7 agosto. Anche qui due libraie che organizzano: la titolare della Libernauta di Pescara, e della Universitas di Francavilla. Mi presenta Maria Rosaria La Morgia, che si è ormai da tempo guadagnata sul campo la qualifica di mia presentatrice ufficiale. Non ci mettiamo mai d’accordo su come tenere la discussione, ogni volta recitiamo a soggetto perchè ci divertiamo di più, e penso anche il pubblico. E poi è davvero brava a raccontare la storia di Adele per intero senza svelare i particolari, così la suspense ogni volta è salva. Il pubblico è quello tipicamente estivo, ascolta con molta attenzione e resta fino alla fine,ma non fa molte domande. Alla fine un piccolo ristoro con prosecco e polpette di verdure. Le libraie pensano anche a questo.

Il 10 agosto sono a Vasto, una bella cittadina affacciata sul mare al confine con il Molise. E’ la notte magica, e le organizzatrici mi hanno detto che mi porterà fortuna.La Libraia (con la L maiuscola, è la mitica Germana che gestisce una bella e autorevole libreria nel centro storico, proprio sotto le mura del Palazzo D’Avalos, e l’estate da 15 anni mette le sedie fuori sulla piazzetta e presenta i libri con la manifestazione “Scrittori in piazza”). L’aiutano le due figlie, Emanuela e Annalaura; una di loro legge l’incipt del romanzo, e cominciamo. Germana parla di tutto: il femminismo, il cambiamento delle donne, gli uomini, il cinema, le scarpe. E mi sorprende con una raffica di domande “personali”. La piazza è piena, nei giorni precedenti, mi dice Germana, si sono vendute già 50 copie, e ancora tante se ne venderanno al termine della presentazione. Ho firmato una quantità impressionante di dediche. Alla fine stanca ma felice nella notte vastese animata da musica e luci.

Il 20 gosto sono a Navelli, un piccolo e delizioso paese di montagna in provincia di L’Aquila. Sono arrivata qui scavalcando un po’ di montagne e boschi a perdita d’occhio da Goriano Sicoli nella Valle Subequana, il paese dove sono in vacanza. L’incontro è organizzato da una associazione culturale del luogo, interviene anche il Sindaco e mi presenta Manuela Villacroce, un’amica. Siamo nella cornice fascinosa del cortile del castello, proprio sulla rocca più alta del paese che domina la Piana di Navelli, regno incontrastato dello zafferano. Io e Manuela raccontiamo la storia, le nostre voci si intrecciano e si alternano, il pubblico ascolta con molta attenzione e pone domande. Anche qui alla fine molte dediche, e dolci speciali con lo spumante per augurarmi buona fortuna al Premio Stresa, dove sono finalista. Che dolci? Le neole (dolce tipico dell’Abruzzo fatto con pastella morbida messa a cuocere imprigionata nelle pinze di ferro) e mandorle inzuccherate (una delizia!). Tutto rigorosamente fatto in casa da alcune signore presenti). Mi faccio spiegare come si fanno queste mandorle che si producono qui, ma è facile e complicato insieme. Come tutte le cose buone.

La prossima cronaca sarà da Stresa. Il 30 infatti presenterò il mio romanzo che è finalista al Premio omonimo. Incrocio le dita.

30 agosto, Stresa.La presentazione si tiene in una sala dell’Hotel Regina Palace e tra il pubblico sono presenti anche alcuni componenti della giuria popolare. Interventi, dibattito, complimenti e apprezzamenti. Una bella serata.

A fine novembre si tiene la serata di premiazione. Mi dispiace, non ho vinto. Il premio se lo è aggiudicato, meritatamente, Antonio Scurati. Ma ho ascoltato con emozione la presentazione che Ernesto Ferrero ha fatto del mio libro, e in particolare l’accenno alla leggerezza di stampo calviniano della mia scrittura. Mi ha fatto molto piacere. A commento della serata una foto della premiazione e una di gruppo con le ragazze dell’ufficio stampa Piemme e Elisabetta Severina, che ho conosciuto quella sera. Ha scritto un libro molto bello che si intitola Quarantatrè. Lo presenterò a Pescara qualche mese dopo.