Antonio Messina sul suo blog Libri, chiacchiere e vino

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Una recensione del mio romanzo Non ci salveranno i melograni come ne ho lette poche, appassionata e coinvolgente. Grazie ad Antonio Messina, che ha scavato nella storia con amore. La copio di seguito.

Non ci salveranno i melograni, titolo e frase chiave di tutto il romanzo, è un’opera di Maristella Lippolis per Ianieri Edizioni, andato in stampa per la prima volta nel 2004. Oggi riproposto, più attuale che mai, soprattutto tenendo conto della triste vicenda di certi risultati elettorali.  All’inizio della lettura avevo pensato di parlarvene in maniera scanzonata, dicendovi ad esempio che dalle primissime righe avevo già capito che Laura avrebbe fatto robe con Goran. Ma, a mano a mano che procedevo, il mio atteggiamento da maschio cinico e “a-romantico” ha perso il suo smalto beffardo, lasciando spazio alla riflessione e alle similitudini. Lo scenario è una delle tante isole croate, di quelle che ti spediscono direttamente in un’altra dimensione. Nulla di super stellato, brandizzato, sponsorizzato, e tutto ciò che di deteriore vi venga in mente e che finisca con “ato”. Siamo appena agli inizi della guerra dei Balcani. Ma già la meravigliosa Dubrovnik rischia sotto il fuoco nemico la sua bellezza architettonica. Anche Dubrovnik la bella, che ha resistito a tutto, rischia seriamente di cadere. Il fronte di guerra si sta rapidamente allargando, escludendo fortunatamente l’area insulare, luogo cuscinetto, dove le parole, gli scambi, le sensazioni e la sensualità sono necessità umane ancora possibili. Laura, proveniente da un Paese un tempo fascista, realtà che non ha mai vissuto e che ha appreso solo dai libri di scuola, inizia a capire cosa sia l’odio razziale, territoriale, la corsa al potere, la voglia di supremazia. Goran, trattenendo il dolore, le spiega quali siano le tecniche della vera guerra, quelle tecniche verbali e comportamentali, subdole, che fanno credere al popolo quanto sia necessario separarsi, frammentarsi, guardarsi con sospetto. Sono invece nulla, il nulla, solo un gioco che gira a favore dei nuovi poteri che mai potrebbero vincere contro una cittadinanza unita che difende sé stessa.

 ”Se bastassero i melograni saremmo un popolo molto fortunato, da queste parti ce ne sono in abbondanza lungo tutta la costa e le isole. Ma non saranno sufficienti a salvarci, quando sarà il momento.”

 Questo le dice Goran durante una notte in cui la gioia dell’incontro colora un po’ il pallore della morte. I melograni, simbolo di fortuna e buoni auspici, non saranno sufficienti. Cadranno vittime anche loro, saranno solo legna da ardere durante i saccheggi. Le insegna Goran l’enfasi della retorica di guerra, quella utile a far salire l’odio fino al cervello. All’Università incappai in uno studio sulla retorica oratoria di gentaglia come mussolini e hitler, e le minuscole non sono un refuso. Mi sentii a disagio. Lo stesso disagio che ho provato leggendo le parole che Maristella Lippolis ha fatto dire a Goran. Lo stesso disagio misto a disgusto quando sento la recitazione da quattro soldi, ma di sicura presa, di certi politici e politichesse italiani. Lo stesso disagio che provo quando mi accorgo di quanto questa gentaglia stia riuscendo a preparare il terreno, così com’è successo proprio vicino a noi. I Balcani si trovano in Europa. Eppure, ricordate quanto distante sembravano quei paesi? Quasi ammantati da un alone di sottosviluppo culturale. E cosa dovrebbero pensare di noi, oggi, altri paesi dalla democrazia più solida, vedendo cosa sta ancora accadendo sul nostro suolo che pure tanto si è sporcato di sangue? Questo romanzo dovrebbe essere letto da tutti, semmai organizzando reading collettivi, con l’obbligo di partecipazione per un certo elettorato italiano e non solo. Andrebbe introdotto nelle scuole, finché esisteranno ancora insegnanti dal cervello libero e dal cuor leggero. È bello questo libro, è drammatico, suggestivo, incazzato, lieve in certi momenti, forzuto come un ulivo in altri. È uno di quei volumi che in certa epoca sarebbe sicuramente stato proibito. Questo è un romanzo con una forte valenza di antropologia culturale, con un formidabile valore politico. Spero non lo leggiate con distrazione o superficialità. State già pensando cosa regalare a Natale? Regalate cultura, regalate conoscenza.