Un libro che Elena Gianini Belotti avrebbe letto con gioia
Sono stata anch’io bambina. Dialoghi con Elena Gianini Belotti.
Quanto l’avevo cercata e inseguita risalendo una catena di conoscenze, amicizie, contatti! Tutte le mie interlocutrici finivano per dirmi la stessa cosa: non la vediamo da tempo, vive ritirata, non ama incontrare gente. Forse è malata. Rintracciarla sembrava un’impresa impossibile ma non mi sono arresa: conferire il titolo di Socia Onoraria della SIL a Elena Gianini Belotti era stato il primo impegno che avevo preso con me stessa e con le altre componenti del Direttivo già dalla nostra prima riunione (e con lei, anche se non lo sapeva ancora!). E alla fine c’ero riuscita. Ricordo l’emozione nel sentire la sua voce, esile ma nello stesso tempo sicura, quando al telefono, ferma su un marciapiede di Roma in un mattino di primavera del 2021, le avevo spiegato chi ero e perché la cercavo (era lei che dopo diversi scambi di email mi aveva detto “sentiamoci per telefono, così ci conosciamo meglio”).
E ricordo il suo stupore ma anche la piccola risata allegra quando le avevo detto che tante e di generazioni diverse la ricordavano e leggevano i suoi libri (“Ancora? ma dici davvero?”). E mi dispiace moltissimo che ora non possa leggere questo piccolo grande libro che ho davanti e che io ho letto con una sorta di gioioso stupore, simile al suo di quel mattino. Perché stupore? Perché non avendo letto la prefazione (non leggo mai le prefazioni “prima”, ma solo dopo la lettura) mi aspettavo qualcosa di diverso da Roberta Ortolano e Samanta Picciaiola, autrici di Sono stata anch’io bambina. Dialoghi con Elena Gianini Belotti, (ma quanto è bello incontrare un libro che ci stupisce!) . Mi aspettavo cioè quello che le autrici dichiarano di aver scelto di non fare, e cioè “una trattazione sistematica e scientifica dell’opera di Gianini Belotti”. Non sapevo molto di loro, le avevo ascoltate presentarsi durante l’assemblea SIL di febbraio a Roma in cui avevamo eletto il nuovo Direttivo, e sapevo dalle loro parole e dalla loro biografia che sono due insegnanti; la prima in un Liceo dell’Emilia, la seconda in una scuola elementare, e che si sono incontrate nella redazione di Cara Prof., la rubrica curata da Silvia Neonato che la rivista Leggendaria dedica da un po’ di tempo alla scuola dal punto di vista di chi la fa e la vive. E loro la fanno e la vivono. Da dove arriva questa pratica, dove si radica ogni giorno, lo raccontano in questo libro a noi, a se stesse e anche un po’ a Elena, perché si raccontano mettendosi in relazione con il suo pensiero e con due suoi libri apparentemente diversi ma così strettamente legati tra loro. Dalla parte delle bambine è il libro che Roberta Ortolano ha scelto per mettere a fuoco gli stereotipi incontrati dalle bambine nel loro percorso di crescita, a scuola, in famiglia, nel contesto sociale di riferimento. E così facendo racconta se stessa e come è diventata ciò che è oggi: gli inciampi e la fatica, il dover essere corrispondente ad un modello trasmesso in eredità per linea femminile, i desideri e l’apprendistato al loro riconoscimento, il guadagno in felicità e libertà.
Samanta Picciaiola ha scelto di raccontare Prima della quiete. Storia di Italia Donati, la giovane maestra messa in croce in un piccolo paese rurale di fine ’800 come una strega d’altri tempi, sacrificata dall’ignoranza, dalla diffidenza verso un femminile che non si conformava al canone dato, che osava andare nel mondo senza una protezione e un’autorizzazione maschile. Elena Belotti per scrivere quel suo bellissimo e struggente romanzo sceglie una postura di testimone vivente e non solo di narratrice, e lo fa anche attraverso il proprio corpo: camminando e spostandosi in quei luoghi che videro svolgersi e concludersi la storia della maestra di Porciano. Lo fa affacciandosi (e noi insieme a lei) a quella forra dove Italia si è lasciata scivolare in acqua come estremo gesto non di rinuncia ma di denuncia e di libertà, usando alla fine il proprio corpo come un’arma. Oggi la scuola è molto cambiata, ma se lo stigma verso il non conformarsi a un canone non scritto agisce in maniera meno eclatante, è pur vero, ci ricorda Picciaiola, che continua a esercitarsi attraverso i corpi delle donne, i loro capelli, gli abiti e la postura. Gli stessi stereotipi che hanno costretto generazioni di donne a sacrificare il proprio essere soggetti liberi, dall’infanzia alla vecchiaia, come Elena Gianini Belotti ha raccontato instancabilmente in tutta la sua narrativa e saggistica, fino alla fine. E sono certa, questo libro che ho davanti le avrebbe dato molta gioia.